Santo Stefano di Sessanio

STORIA DI SANTO STEFANO DI SESSANIO

Le prime notizie di contrade comprese nel territorio comunale di Santo Stefano di Sessanio di proprietà del monastero di San Vincenzo al Volturno le dobbiamo al Chronicon Vulturnense e risalgono all’inizio del IX secolo. La prima notizia certa dell’esistenza dell’insediamento detto Santo Stefano è dell’anno 1239. L’opera capillare degli ordini monastici determina un aumento delle terre coltivabili, il ripopolamento delle campagne anche ad alte quote, nonché la nascita e il consolidamento di borghi fortificati, tanto più sicuri quanto più in posizione elevata.

Dal XIII secolo Santo Stefano fu compreso nel distretto feudale della baronia di Carapelle che includeva anche Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio, Calascio e Rocca Calascio[4]. Santo Stefano seguì le vicende storiche della baronia fino al 1806, anno di abolizione della feudalità. Il borgo divenne dominio nell’ordine delle famiglie Pagliara, Colonna, Celano, Caldora, Accrocciamuro, Piccolomini Todeschini, Del Pezzo, Cattaneo, Medici e Borbone.

Nel 1474, sotto gli Aragonesi, l’abolizione della tassa sugli animali e il riordino dei pascoli di Puglia consentono un forte sviluppo della pastorizia e della transumanza al punto che in quell’anno Santo Stefano, Calascio, Rocca Calascio e Carapelle hanno nella dogana di Puglia ben 94.070 pecore.

Costanza, figlia unica di Innico Piccolomini, cedette la Baronia di Carapelle a Francesco I de’ Medici, granduca di Toscana, nel 1579. Queste terre apparterranno ai Medici fino al 1743. In questo periodo Santo Stefano raggiunge il massimo splendore come base operativa della Signoria di Firenze per il fiorente commercio della lana “carfagna”, qui prodotta e poi lavorata in Toscana e venduta in tutta Europa.

Nel XIX secolo con l’Unità d’Italia e la privatizzazione delle terre del Tavoliere delle Puglie ha termine l’attività millenaria della transumanza e inizia un processo di decadenza del borgo che vede fortemente ridotta la popolazione a causa del fenomeno dell’emigrazione. Nel XXI secolo l’antico borgo sta avendo una rinascita, grazie al turismo, incentivato dalla politica dei sindaci che si sono susseguiti, grazie alla volontà dei pochi giovani rimasti che, volontariamente, hanno dato il loro contributo alla pro-loco dalla fine degli anni sessanta fino ad oggi e grazie ai primi investimenti dei residenti. Nel 1994 è arrivato in paese un giovane imprenditore, Daniele Kihlgren, milanese di origini svedesi, che ha acquistato gran parte del borgo per realizzarci un albergo diffuso ed ha attirato, grazie al progetto di recupero conservativo del paesaggio, delle tradizioni e degli immobili, l’interesse della stampa nazionale ed internazionale. Ciò ha richiamato nuovi investitori, facendo sviluppare in modo considerevole tutte le attività economiche della zona.

Il 6 aprile 2009 il paese è stato colpito dal terremoto che ha abbattuto la Torre Medicea, simbolo del borgo, e alcune abitazioni, danneggiandone molte altre. Il costo per il restauro della torre è stato stimato intorno al milione di Euro, per un periodo di intervento che doveva essere di circa 2 anni, ma che non è ancora terminato

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